Filosofeggiando

De Meditatione

La Meditazione, come molte cose che sono state liquidate con sufficienza dalla cecità, spacciata per luce, della ragione dell’ultimo secolo, non è null’altro che uno stato naturale, costante e sublime, dell’essere umano.

I sorrisini deficienti che l’hanno fatta passare come una pratica New Age, per psicotici invaghiti delle pratiche da santoni orientali, ignorano (altrimenti non sarebbero deficienti, di cultura appunto) che la meditazione è uno stato di grande concentrazione, che eleva l’uomo, portandolo ad una maggiore comprensione di sé e dell’ambiente circostante.

Il dizionario Treccani definisce la Meditazione così: concentrazione della mente nella speculazione e contemplazione di verità religiose, o di problemi filosofici o morali.

“Concentrazione della mente”. Non è un atto di abbandono fanatico, è un atto, positivo, di amplificazione delle proprie capacità cerebrali al fine di speculare e contemplare.

Lo speculare reca in sé il concetto stesso del ragionamento e anche i cretini ne sono affascinati e coscienti della portata, tant’è che si lanciano in speculazioni, per quanto prive di senso.

Il contemplare, invece, è un atto che si è andato diluendo e che abbiamo disimparato a praticare con regolarità, a vantaggio della distrazione, della velocità, del volo supersonico del pensiero diventato incapace di focalizzarsi.

Sempre citando il dizionario Treccani, la definizione di contemplare che ci propone è: Guardare a lungo, osservare con attenzione cosa che desti meraviglia o ammirazione.

Osservare con attenzione.

In buona sostanza, da qualunque angolo si guardi, non c’è nulla di passivo nella Meditazione. Era meditazione quella dei mistici che hanno fondato le grandi religioni, era meditazione quella degli sciamani amerindiani, era meditazione il parto filosofico degli antichi greci, così come quello dei moderni, dei cartesiani, di Spinoza, di Kant.

Quest’ultimo proprio si è interessato della Metafisica, definendola: una scienza che consiste a progredire dalla conoscenza del sensibile a quella del soprasensibile.

L’ultimo secolo si è compiaciuto del suo razionalismo, arido e bestiale, che ha rinnegato ogni “soprasensibile”, liquidandolo come roba da retrogradi e bigotti, fondamentalmente dando del coglione non solo a preti e alle nonnine col rosario in mano, come fossero delle credulone da deridere, ma anche a Kant o Aristotele che sul soprasensibile hanno meditato, speculato e della cui Verità hanno contemplato l’essenza per provare a spiegarla.

La politica e le università si sono spogliate di ogni forma meditativa, del pensiero politico, la prima, della cultura, la seconda, per banalizzare in modo binario l’esistenza umana ad un prodotto tutto sommato economico, a meri fini pensionistico-assistenziali della collettività, affinché la collettività stessa si identifichi in questo ruolo, abdicando ad ogni indagine del proprio soprasensibile. Fondamentalmente rinnegando la propria umanità, in res ipsa.

Si, ma che cazzo vuoi dire? Mi si potrebbe legittimamente chiedere.

Voglio dire che bisogna, proprio bisogna, necesse est, riprendere a meditare. Uscire quanto più possibile dal generale, per tornare nel nostro particolare, perché solo così esiste un generale, altrimenti c’è una massa informe non di individui, ma di automi.

La meditazione, in qualunque sua forma, dalla mistica religiosa a quella degli yogi, a quella del pittore che cerca di capire le ombre di Rembrandt, è cardine dell’essere umano. E’ l’atto dell’uomo primitivo davanti al firmamento. E’ l’unico modo per ritrovarsi e ritrovare l’altro.

E no, la meditazione in posizione di fior di loto è solo una banalizzazione del concetto stesso di meditazione. Franco Battiato che tanto ha studiato i mistici mediorientali, ha spesso detto che la posizione fisica del corpro non c’entra nulla, c’entra lo stato di concentrazione. E’ da quello che ritroviamo la musica del nostro essere, in concertazione con il resto. Non dalle urla sguaiate delle piazze virtuali o cittadine o, ancor peggio, televisive.

La Meditazione è imparare il silenzio. Proprio come quando si legge o si scrive. E’ atto creativo e non distruttivo. Ergo, è vita.